giovedì 18 aprile 2013

Perchè leggere e informarsi?




Un manuale lungo una vita
Ci si potrebbe chiedere perché mai leggere dei libri sul parto, sull’allattamento, sulla cura sulla psicologia e sull’allevamento dei bambini. Ho conosciuto donne che sostenevano di non voler leggere nulla per “non farsi influenzare”, perché volevano seguire il loro istinto. Il problema è che comunque sei influenzata, anche se non leggi dei libri. Si viene influenzati dalle aspettative e credenze della gente, dai bombardamenti dei media,  dalle pubblicità che ti fanno credere indispensabili materiali di consumo che indispensabili non sono (come il girello, lo sterilizzatore, la stanzetta del neonato…) che ti fanno credere che un bambino affezionato al suo biberon sia più psicologicamente sano di uno affezionato alla mamma e alle sue tette. Ci sono donne che si rifiutano di informarsi ma poi guardano programmi come SOS Tata, che danno ottimi consigli a volte ma a volte pessimi, secondo il mio parere (leggendo libri, ho potuto avere dei termini di paragone). C’è l’immagine stereotipata del bambino col ciuccio in bocca, nel passeggino, che indossa un paio di piccoli jeans o vestitini tanto belli quanto scomodi per i suoi movimenti, il bambino che “impara” a dormire da solo nel lettino abbracciato a un pupazzo, imparando a fingere che quello sia la sua mamma…e le persone di fronte a queste immagini generalmente sorridono commosse…a me fanno un po’ tristezza invece. Vedo un bimbo-bambolotto, vestito con abiti non pensati per la sua comodità ma per l’effetto scenico che hanno sugli adulti (in fondo è l’adulto che sborsa i soldi!), vedo bambini che si sono dovuti accontentare di surrogati materni quali il biberon o il pupazzetto, perché la loro mamma non c’è o non vuole concedergli il contatto fisico che loro richiedono, o nella quantità che loro richiedono.
Bhe, non credo che questo significhi “seguire l’istinto materno”, al contrario, credo significhi rinunciare a mettere in discussione le aspettative della società, non chiedersi perché a volte una regola da seguire “per il bene di tuo figlio” fa stare male sia te che tuo figlio. Non approfondire.
Ma qui si tratta della cosa più importante del mondo: i bambini. Il nostro futuro. Meriteranno un po’ di approfondimento gli argomenti che riguardano la loro salute psicofisica?
Bhe, Il mio istinto mi diceva che non sapevo nulla di bambini e che non volevo fermarmi ad ubbidire ciecamente ai consigli della televisione, dei conoscenti o dei medici. Volevo sapere il perché quei consigli erano ritenuti quelli giusti per crescere un bambino, volevo risalire alla fonte. Così ho intrapreso una vera e propria ricerca antropologico-pedagogica. Credo di aver letto più di una trentina di libri . In alcuni di questi ho trovato la risposta a uno dei miei dubbi più grandi: perché nei paesi industrializzati, nella nostra società moderna insomma, l’uomo ha disimparato a partorire (terrore del parto) ad allattare (com’è che solo le madri occidentali non hanno il latte??) e a prendersi cura dei bambini ascoltandoli e osservandoli e non applicando semplicemente un manuale uguale per tutti,(visto che nessun bambino è uguale all’altro). Perché abbiamo perso completamente fiducia nel nostro corpo e nella perfezione con cui Dio, o l’evoluzione se si vuole, ha creato sia madre che bambino? Perché è tutto così difficile insomma?
La risposta illuminante è stata questa. Una gatta, che sia selvatica o che sia domestica, che non abbia mai visto un’altra gatta allattare e prendersi cura della prole, sarà comunque in grado di farlo, per istinto. Una scimmia no. Scimpanzé e gorilla che in cattività non hanno mai VISTO allattare e curare la prole non saranno capaci di far sopravvivere il loro cucciolo. Perché i primati questi comportamenti li IMPARANO, così come un bambino impara a camminare perché vede gli altri farlo. Un bambino che cresce tra i lupi non imparerà a camminare. Ne consegue che chi pensa di non informarsi sulla cura della prole pensando di “seguire l’istinto” resterà deluso perché non esiste questo istinto in natura per noi. Chi non ha altri modelli di riferimento se non quelli disponibili divulgati dai media arriverà naturalmente alla conclusione che il biberon è più evoluto della tetta, (perché i produttori di latte in polvere non ci guadagnano nulla se il bambino succhia dal seno), che il parto è un problema da affrontare e non una tappa fondamentale della sessualità di una donna, (il terrorismo fa molto skoop) che e inconsapevolmente divulgherà a sua volta queste credenze

La mia situazione, non posso negarlo, parte con degli ottimi presupposti. Possiamo permetterci una colf, ho dei genitori fantastici e dei suoceri bravissimi e disponibili, ho un marito spettacolare. Non tutte le mamme sono così fortunate, me ne rendo conto. Però credo che qualunque mamma, se vuole, ha accesso alle informazioni che ho trovato io e che servono per potersi “confezionare” la propria formula della felicità, basta non fermarsi al “si fa così” detto da qualcuno, e scegliere di essere artefici della propria serenità, dalla quale dipende poi quella del nostro bimbo.
Alcuni libri resteranno sempre nella mia biblioteca privata. Sono stati un sostegno importante e una fonte di informazioni e di consigli che ho sperimentato su Gaia e ho quindi potuto selezionare i comportamenti che con lei funzionavano bene, facilitandomi la vita.
Mi hanno fatto capire che i miei dubbi, timori e sensazioni erano condivisi da molte altre persone. Per me sono stati essenziali per mantenere la mia autostima. Ma nessuno di essi è per me una “Bibbia”. Io ho assimilato, elaborato, riassunto e composto un mosaico di informazioni, idee e filosofie di pensiero.
Non applico un “manuale”. Ho “creato” il mio e ne sono molto felice.
Sono consapevole che è solo l’inizio, la mia bimba è piccola e la vita lunga.
Ma, si dice, chi ben comincia…

Aiuti per affrontare travaglio e parto.


Tratti dal libro La Gioia del parto, di Ina May Gaskin.


-         Il Calore: Fare un bagno caldo (solo se non si sono rotte le acque). Tenere i muscoli rigidi è molto difficile quando ci si trova nell’acqua calda.
-         Una borsa d’acqua calda all’altezza dei reni sarà di grande sollievo
-         Un massaggio sulla schiena sul collo e sulle gambe. Scuotendo i muscoli di natiche e cosce si riesce ad ottenere un metodo efficace di rilassamento per molte donne in travaglio. Questo metodo viene applicato istintivamente in diverse parti del mondo, il che indica il valore universale di questa tecnica.
-         Movimento e forza di gravità: fare una passeggiata, muoversi, camminare. Generalmente le posizioni e le attività scelte dalla partoriente per alleviare il dolore sono proprio quelle che favoriscono il travaglio o mettono il feto nella posizione giusta per il parto e migliorano la circolazione. Il movimento aiuta la dilatazione della cervice durante la prima fase del travaglio. Le posizioni comuni sono sedersi, inginocchiarsi, stare in piedi, accovacciarsi o mettersi a quattro zampe.
-         Bere: bere molto può prevenire la disidratazione e inoltre stimola il movimento mandandoti spesso in bagno. Stare sedute sul wc inoltre rilassa la muscolatura pelvica e aumenta la pressione del bambino sulla cervice e la discesa nel canale del parto.
-         Respiro: respirare lentamente e profondamente a bocca aperta. Respirare a fondo e lentamente può cambiare le sensazioni corporee della donna, così come i suoi pensieri. Provoca un generale rilassamento dei muscoli del corpo, specialmente quelli del pavimento pelvico oltre ad essere utile per l’espansione polmonare che aumenta la disponibilità di ossigeno per madre e bambino.
-         La componente sessuale del parto: i benefici che tecniche come la stimolazione dei capezzoli apportano all’andamento del travaglio sono di gran lunga superiori al rischio di provocare imbarazzo in chi vi osserva. La stimolazione dei capezzoli è uno dei migliori metodi per far ripartire un travaglio bloccato o accelerarne uno in corso poiché stimola la produzione di ossitocina naturale.
-         La legge dello sfintere: i travagli che non portano a un parto normale dopo un ragionevole spazio di tempo sono spesso rallentati o bloccati a causa di mancanza di intimità, paura o stimolazione della parte sbagliata del cervello della donna in travaglio. Gli sfinteri (bocca, ano, vagina) come ogni muscolo involontario, sono condizionati dalle emozioni, funzionano meglio in un’atmosfera rilassata, nell’intimità e in un luogo privato. Non reagiscono a un comando tipo “Spingi!” o “Rilassa!”. Si possono chiudere all’improvviso se un soggetto si arrabbia, viene spaventato o umiliato, perché alti livelli di adrenalina non favoriscono l’apertura degli sfinteri, talvolta li bloccano addirittura. Lo stato di rilassamento della mascella è direttamente correlato alla capacità della cervice della vagina e dell’ano di aprirsi completamente. Una delle migliori forme di analgesia è il sorriso o ancora meglio, la risata. “dico spesso che la parte bassa del nostro corpo funziona meglio quando quella alta (la mente) si diverte. E’ stupefacente come lavori meglio quando pensiamo a lei con umorismo e affetto piuttosto che con terrore e vergogna.”
-         La bocca: Se ho i muscoli del viso contratti, incoraggiami a rilassarli e ad aprire la bocca, rilassare la bocca aiuta a rilassare la cervice. “Le donne le cui bocche sono rilassate e aperte durante il travaglio e il parto raramente incorrono in lacerazioni. Questo effetto viene rafforzato se si emette anche un suono, sufficientemente basso da far vibrare la cassa toracica, al movimento dell’espirazione.” Non tutte le donne sono delle cantanti professioniste ma ognuna può intonare qualcosa mentre sta per partorire. Emettere suoni bassi con la bocca è utile al rilassamento. “L’ostetrica mi disse “Ok, bene così, sono suoni positivi, vai benone”. Tra una contrazione e l’altra cantavo “Omm, omm” un suono rilassante emesso a gola aperta. L’ostetrica a un certo punto mi suggerì di prendere un bel respiro e far vibrare le mie labbra come una pernacchia, come il verso del cavallo, perché era impossibile che la cervice rimanesse chiusa facendo questo movimento con la bocca.” Le donne che hanno provato questa tecnica quando hanno dolori mestruali l’hanno trovata estremamente utile per alleviare il dolore.
-         Baciarsi produce ossitocina. “Un’ostetrica suggerì a me e mio marito di baciarci durante le contrazioni, diceva che per lei era stato veramente utile durante i suoi parti.”
-         Connessione mente-corpo: Ricordare alla donna che il bambino sente la sua forza e anche la sua angoscia. Molto spesso una madre giunge a capire che non ha nulla da perdere parlando positivamente. Allora potrebbe dire a sua marito quanto gli vuole bene per esempio. “Non ho mai visto la cervice di nessuna donna rimanere serrata e inflessibile al suono di parole dolci e positive”.
-         Non respingere le contrazioni. Ogni contrazione, specialmente le più forti, avvicinano al momento del parto, sono quindi positive e devono quindi essere “desiderate” non temute. Non vanno affrontate come “contrazioni uterine” ma come “sensazioni interessanti che richiedono tutta la tua attenzione”. Una donna che soffre forti dolori mestruali è già, in qualche misura, allenata e ciò la dovrebbe aiutare a partorire senza essere terribilmente spaventata dal dolore in se stesso.
-         Visualizzare l’utero come una caverna inondata dall’oceano. Ogni onda che entra nella caverna viene poi spazzata via dalla bassa marea. Cerca di arrenderti a queste ondate e lasciati cullare.
-         L’uomo è un mammifero ed è in grado di affrontare un parto come qualunque altro grosso mammifero esistente sulla terra. Realizzare durante il travaglio questa verità aiuta ad affrontare con istintualità questa esperienza.
-         “Focalizzare l’attenzione su tutte le altre donne del mondo che si trovavano in travaglio come me non mi faceva sentire sola.”
-         “Mi resi conto che dovevo focalizzare la mia attenzione sul rimanere aperta. L’ostetrica mi disse di avere fiducia nel mio corpo che non avrebbe mai fatto nulla che non potesse sostenere.”
-         Udire qualcuno che dice che sta andando tutto per il verso giusto fa realmente sentire meglio. Frasi come “Stai ancora facendo progressi!” e “Sono certo che ce la farai” sono di enorme aiuto. “Era seduta sul letto tra le braccia di suo marito. Lui le sussurrava nell’orecchio che era meravigliosa lei fu certa di aver sentito aprirsi la cervice dopo aver udito quelle parole. Chiese al marito di ripetere quelle parole e lei sentì ancora la cervice che si apriva. Presto la cervice fu completamente dilatata e la donna partorì. Cosa c’è di più liberatorio per un padre in attesa di sapere che le sue parole piene di amore possono essere in grado di dare forza ed energia alla sua compagna per facilitarle il parto?”. “ Quante volte ho visto gli occhi di una donna spalancarsi per lo spavento per il potere delle contrazioni. Quando vedo quegli occhi so quali sono le parole che possono0 alleviare quel tipo di paura: Non ti preoccupare, non ho visto mai nessuna esplodere o dividersi a metà, uscirà solo il bambino, il tuo corpo è molto saggio, spinge fuori solo quello che deve uscire. Ciò che accade è che con il sollievo e la gratitudine arriva un’ondata di endorfine, oppiacei naturali.” “Portare un bambino in grembo deve essere privo di pericoli per le donne civilizzate quanto lo è per le selvagge!”.
-         Se la dilatazione subisce un arresto, incoraggiare a dire qualcosa di positivo. “Cominciai a dire “Penso di farcela” e poi ”So che ce la posso fare” “Posso aprirmi ancora di un centimetro” “Voglio solo aprirmi”e il bambino entrò nel canale da parto. Il parto è la prova che mente e corpo sono una cosa sola. Nel momento in cui la mia bocca si è aperta e ha lasciato uscire parole positive anche il collo dell’utero si è dilatato molto più che in precedenza.” “Dopo un po’ la visitai per vedere a che punto era la dilatazione e lei mi disse “Voglio solo lasciare uscire questo bambino”. Mentre diceva queste parole la cervice si dilatò di altri due centimetri sotto le mie dita. Fantastico pensai che si riesca a dire al proprio corpo esattamente cosa si vuole e che si riesca ad ottenerlo”
-         “Quando le contrazioni si fecero più forti mi suggerì di guardare qualcuno negli occhi.Le ostetriche hanno avuto fiducia in me e nel mio corpo e in loro non ho visto gli sguardi corrucciati e preoccupati, non pensavano che ero troppo lenta.”
-         “E’ importante ricordare che i nostri corpi devono essere progettati piuttosto bene altrimenti come si spiega che vi siano così tanti esseri umani anche in paesi del terzo mondo?”
-         Il dolore del parto: Quando ci si ferisce e si sente dolore il messaggio del dolore è “Vattene via!” oppure “Difenditi!”. Il Messaggio mandato dal dolore del parto è completamente differente. Dice: “Rilassa i tuoi muscoli pelvici. Lasciati andare, arrenditi. Segui la marea, non combatterla perché è più grande di te”. Durante una contrazione potrebbe capitare di sentirsi terribilmente lacerate ma i modi calmi e comprensivi e le parole di chi assiste possono comunicare che non c’è nessuna lacerazione in atto. La coscienza di ciò in questi momenti è così rassicurante  che spesso è possibile percepire il dolore che diminuisce o le proprie capacità di sopportazione che aumentano. “Sono le donne che fanno del loro meglio per venire incontro alle contrazioni e lavorare con loro che mi sembrano più portate ad avere un parto orgasmico”. La cosa interessante del dolore del parto è che si tratta di un dolore nitido, una volta che l’esperienza si è conclusa non c’è più, accade senza causare alcun danno al corpo. La donna che partorisce senza interventi chiude i conti con il dolore quando il bambino nasce.
-          “Lo sgabello da parto mi è stato utile per accelerare la discesa del bambino”
-         L’uso dell’epidurale aumenta i rischi di lacerazioni del perineo, il ricorso all’episiotomia, uso di ventosa e parto cesareo. Per questo è utile incoraggiare la donna a fidarsi delle sue capacità per poter evitare l’epidurale. L’utilizzo appropriato dell’epidurale è indicato nei seguenti casi: parto cesareo, travaglio abortivo, sofferenza fisica percepita come intollerabile in travaglio, fobia del travaglio, motivi medico-internistici che sconsigliano lo stress da travaglio.
-         Quando una donna arriva a dire frasi come “Non ce la faccio più” è sicuramente giuta al termine della dilatazione. Pertanto il travaglio è ormai avviato alla conclusione.
-         Non bisogna desiderare di spingere durante il travaglio, il parto non è un avvenimento atletico. E’ il corpo a dirti quando è il momento di spingere. Anticipare le spinte fa solo perdere energie essenziali facendoti arrivare esausta al momento delle vere spinte.
-         Anche se suona brutto, il vomito ha una sua funzione: un forte conato di vomito spinge in avanti il collo dell’utero facendo scivolare il bambino verso il basso. Di solito avviene poco prima che arrivi il moneto delle spinte.
-         Il perineo: la natura in tutte le sue azioni, intende adattare i suoi mezzi a un fine e il perineo non è certamente stato creato per essere lacerato. La maggior parte delle donne è ben equipaggiata per fare figli senza la più piccola lacerazione, ovviamente con un aiuto appropriato, una buona preparazione, una giusta atmosfera e riguardo nei loro confronti.
-         “43 delle prime 50 nascite che abbiamo assistito sono avvenute senza lacerazioni o episiotomia. Le 7 donne che avevano avuto bisogno di punti avevano avuto solo piccole lacerazioni.” “Judy mi aveva insegnato che una donna riesce a incrementare la larghezza della sua vagina durante il parto, dirigendo la sua attenzione nella giusta direzione, la fiducia di aprirsi” “Gli uomini danno per scontato che il loro organo sessuale possa diventare grosso e poi tornare piccolo senza alcun danno. Gli organi genitali delle donne hanno capacità simili, la differenza è che la congestione vascolare dell’uomo è a lui visibile, quella della donna no.”
-         Ridere durante il momento di incoronamento rilassa il perineo ed evita lacerazioni. “Quella risata, nel massimo momento di incoronamento rilassò il perineo al punto che nonostante la sensazione di bruciore che sentiva e una testa di 38 cm di diametro riuscì a partorire senza neanche un graffio.”
-         “Non mi lacerai ne mi fecero l’episiotomia. L’ostetrica aveva usato dell’olio caldo per massaggiarmi il perineo mentre stavo incoronando. Io poi avevo cercato di rimanere rilassata mentre partorivo. Tenendo faccia e muscoli del collo rilassati ed emettendo dei piccoli suoni ci riuscii grazie anche all’incoraggiamento e alle rassicurazioni delle ostetriche.”
-         Quando la testa del bambino sta per uscire cercate di rallentare il più possibile le vostre spinte.
-         “Alcune donne usano stimolare il clitoride mentre il bambino emerge. Questo atto sembra incrementare la vasodilatazione della vagina il che spiega come io non abbia mai assistito alla benché minima lacerazione nelle donne che hanno usato questo metodo di rilassamento durante il parto.”

Capricci o bisogni? Come si affronta il pianto del bambino.



Io…che mi ero ripromessa “mia figlia non la farò piangere mai!”. Ebbene, ho dovuto ammettere che a volte la mia bambina non avevo modo di farla smettere. Dopo averle provate tutte, tenerla in braccio e offrirle il seno cullandola era davvero l’ultima risorsa, anche se evidentemente inefficace. I bambini piangono, ho scoperto. L’ho chiamata “nostalgia di Paradiso” perché ancora oggi non so spiegarmela diversamente. Gaia, per i primi due mesi ogni sera si faceva un’oretta di pianto inconsolabile, attaccandosi e staccandosi continuamente dal seno. Non erano coliche, non era per il latte, non era il pannolino, non era il freddo ne il caldo…sembrava più nostalgia di qualcosa. Secondo me le mancava l’utero e quella pace perfetta, quell’assenza di bisogni corporali e di sensazioni fisiche. Dopo due mesi si è arresa: non poteva tornare là dentro. E ha smesso di piangere senza apparente motivo la sera.
E Gaia quando piange tira giù i vetri eh? Mica come quei bambini le cui mamme mi dicono “eh, piange sempre..” Poi li sento e…Piange??? Quello ti sembra un pianto?? Ma tu non lo sai cosa è un pianto di neonato allora!! Gaia era la campionessa indiscussa fin dal nido dell’ospedale!

Ho letto davvero di tutto,dai libri del genere “soggioghiamo questi piccoli tiranni” ai libri “curiamo i bambini coi fori di Bach” (dai libri di SOS Tata a quelli di Il Bambino naturale) per potermi fare una mia idea e…. Ha vinto la fiducia in me stessa. E ha vinto l’empatia con mia figlia.
Non ho trovato una Bibbia, ma ho selezionato una decina di libri che mi sono sembrati davvero di buon senso e mi hanno incoraggiata ad applicare quello che già sentivo dentro di me. Senza bisogno di usare necessariamente pannolini lavabili (ottima cosa per chi ha un pargolo che permette di raggiungere la lavatrice con una certa agilità...la mia no) ne tantomeno decidere di considerare questi poveri piccoli extraterrestri che approdano tra le nostre braccia, dei mostri di egoismo da cui doverci difendere o degli ignoranti a cui dover “insegnare a vivere”. Io trovo invece che i neonati siano dei piccoli "animaletti" saggi.

Ho scelto che tipo di mamma volevo essere: una mamma portatrice (senza demonizzare il passeggino, che a volte Gaia apprezza), una mamma allattante (tuttora a richiesta), una mamma riposata (ho scelto il sonno condiviso)…insomma volevo essere una mamma che non aveva nulla di cui lamentarsi!
Premetto che la mia bimba è MOLTO esigente. Lo è stato fin dall’inizio. MOLTO, MOLTO esigente. Eppure non ho nulla di cui lamentarmi. Dormiamo entrambe benissimo, visto che ho sempre assecondato il suo bisogno di contatto. Non litigo con lei perchè vuole stare sempre in braccio, la infilo semplicemente nella fascia ogni qual volta lo richiede. Non litigo con lei per farla mangiare, ignoro totalmente le “curve di crescita” e dove mia figli ci si collochi, semplicemente la lascio mangiare quanto vuole quando la siedo a tavola con noi e la lascio poppare quanto e quando vuole ogni volta che lo richiede. Ho fatto così da sempre e semplicemente…funziona. Io sono serena e lei è felice e sempre più sicura di se, equilibrata, indipendente.
Mi dispiace per quelle mamme che impazziscono cercando di imporre dei ritmi ai loro bebè che non volgiono saperne…è più semplice per tutti se semplicemente li si asseconda. Tanto è solo un periodo che poi passerà…
Quando qualcuno mi dice “che pazienza che hai con quella bambina,ma come fai??” o “Ti fai mettere sotto eh?”. No, io non mi sento inzerbinata a mia figlia! La differenza sta nell’occhio di chi guarda. Io vedo una creatura che non può parlare, è prigioniera di un corpo che non può ancora controllare, preda di sensazioni fisiche o emotive a lei sconosciute e a me incomunicabili, a volte dolorose. Se io fossi nei suoi panni e tentassi di chiedere aiuto o anche solo mi lamentassi sarei forse una persona “capricciosa” o “viziata”??
Non direi proprio. Non basta che la bambina sia sazia e pulita per essere certi che “non le manca niente”. Quanti bisogni abbiamo noi oltre a quello di mangiare ed essere puliti? Prova tu a stare per un giorno disteso a letto, da solo, senza avere il controllo del tuo corpo e senza poter comunicare i tuoi pensieri o le tue paure a chi ti nutre e ti mantiene pulito. Piangerei anche io!
Quindi quando la mia bambina piange e le accorro in aiuto non penso “Uff! come devo essere paziente con te figlia mia! Che fastidi che mi dai!Che capricciosa che sei!” ma penso “Chissà cosa vorresti dirmi, quale è il motivo del tuo turbamento spero di riuscire a capirlo e se non lo capisco ti farò capire che almeno ti sono vicina. So che per te è dura ma sappi almeno che non sei sola.”.
Non è pazienza la mia, è empatia. Anche se avviene decine di volte al giorno.
Vorrei che le mamme che si lamentano tanto capissero che il problema spesso lo creiamo noi, non i bimbi. E la mia bimba è un vulcano e quando piange tira giù i muri!!

Alimentazione nel periodo dello svezzamento



Non capisci quanto è delicato questo step finchè non lo raggiungi, ovvero intorno ai 6 mesi di vita del bimbo. Poi ecco di nuovo tutti che ti saltano addosso, pediatra in prima linea, pronti a darti i più disparati consigli, e a metterti fretta per farti interrompere l’allattamento, come fosse una cosa di cui vergognarsi.
Un’altra volta, mamme che ti chiedono “ma la tua mangia la pappa??” con il terrore negli occhi e capisci che per loro ogni pasto è una battaglia.
La soluzione è sempre la stessa: osserva il tuo bambino, fidati di lui  e non ascoltare altro. Perché in effetti questo step in realtà non è per niente delicato come tutti ti vogliono far pensare. Basta qualche accorgimento e sempre una buona osservazione sul bambino, al resto ci pensa la natura, come ci ha sempre pensato finora.
Il mio obbiettivo principale non era che la bambina smettesse di ciucciare il latte per mangiare il cibo vero,(sono sempre rimasta consapevole che il cibo vero era comunque sempre meno sano e nutriente di una bella poppata, ma che comunque la bambina un giorno preferirà il cibo) ne che mangiasse grandi quantità di pappa, (visto che so che lo stomaco del bambino è piccolissimo), il mio obbiettivo principale era che Gaia entrasse in buon rapporto col cibo, lo ritenesse un’esperienza interessante e piacevole.
Volevo prima di tutto proteggerla dai disturbi alimentari.
Così ho sempre fatto in modo che Gaia fin dai primi mesi stesse seduta nel seggiolone a tavola con noi, con qualche giochino davanti, guardandoci mangiare. Se piangeva me la tenevo sulle ginocchia e la attaccavo al seno, continuando tranquillamente a mangiare. A 5 mesi ha cominciato a dimostrare il suo interesse per quello che avevamo nel piatto, e così sono iniziati i primi assaggi. Poi le prime pappe. Sempre con un unico imperativo: “non insistere”. Gaia attendeva l’ora della pappa con gioia, era un bellissimo gioco per lei. Assaggiava di tutto, mangiava poco, quasi niente, ma il momento del pasto era un momento di serenità, un momento piacevole da passare col papà e la mamma. Prima e dopo ogni pasto voleva una bella ciucciata di latte. Ero entusiasta.
Compiuti i sei mesi l’ho portata dal pediatra per una visita di controllo. C’era un’assistente del pediatra, forse ostetrica, che si occupava di dare informazioni inerenti allo svezzamento. Il colloquio è stato pressappoco questo (coi miei pensieri tra parentesi):
Assistente: Allora, come va con la pappa? Mangia?
Io: Si! E’ felicissima! Prima vuole la tetta, poi le do la pappa e poi ciuccia ancora un po’ la tetta.
A: Ma no!! Signora, così la SOVRALIMENTA! Non deve darle il seno, solo la pappa!
I: (allibita) Ma…se non le do il seno scoppia a piangere, non credo che mangerebbe. Guardi che io faccio l’allattamento a richiesta…
A: Ma non c’entra, altrimenti mangia troppo! E quanta pappa le da?? Quanti grammi?
I: ma, non so…(tra quello che se ne vola in giro e quello che rimane nella ciotola…che ne so quanta roba va giù??e poi chissenefrega?tanto di più non posso dargliene perché piange, di meno non posso dargliene perché piange…mangerà quello di cui ha bisogno no??)…mmmhh…una ciotolina?
A: Una ciotolina???! Guardi, pesiamo la bambina e vediamo…
I: (si, vediamo, vediamo brutta idiota, “vediamo che danni ho fatto”, scommetto che la bambina è persino magra.)
A: Ah. No…il peso va bene fortunatamente…è addirittura sotto la media.
I: (si, “fortunatamente” eh? Ora mi dirà che non mangia abbastanza? Mio Dio, ma la serenità di quante madri ha rovinato questa ignorante?)
Arrivata a casa era ora di pranzo. Giusto per curiosità ho provato a mettere Gaia a tavola senza prima darle la ciuccia. Pianto a dirotto. Col cavolo che mangiava la pappa. Quindi l’ho presa subito in braccio, ciucciata e poi pappa. Al diavolo gli splendidi consigli del pediatra. La mia priorità rimane la serenità della bambina e l’instaurarsi di un buon rapporto col cibo.
Ci sono alcuni bei libri sullo svezzamento che ho letto, in particolare ho apprezzato “Io mi svezzo da solo” e “Svezzamento passo per passo” e naturalmente ”Il mio bambino non mi mangia”.Ognuno dice cose lievemente diverse, quindi come al solito io ho letto di tutto e poi ho applicato quello che facevano al caso mio. Gaia ha fin da subito assaggiato di tutto oltre alla pappa. Per “di tutto” intendo ovviamente cibi sani, niente dolci, salumi, fritti, formaggi o cose troppo salate, niente zucchero bianco. E per certi cibi ho aspettato qualche mese in più e ne ho dato piccoli assaggi all’inizio, perché a rischio allergia (uova, latte vaccino e derivati, fragole, frutti di mare).
Sono stati gli unici accorgimenti che ho adottato, oltre al fatto di usare preferibilmente carne e verdura bio per le sue pappe. Mai usato omogeneizzati industriali, tutto fatto in casa.
Per il resto mi sono lasciata guidare della sua curiosità. A oggi a pranzo mangia la sua pappa e poi viene sulle mie gambe a spiluccare dal mio piatto e alla sera invece mangia solo la pappa perché io e mio marito ceniamo dopo che lei è andata a nanna. Per le merende ama sgranocchiarsi un pezzetto di pane o un biscotto senza zucchero o un po’ di frutta fresca o secca e poi ovviamente c’è il mio latte. Ci sono giorni che mangia come un torello e giorni in cui non mangia quasi nulla. Va comunque bene, non insisto mai, anche se non vuole mangiare. Lei fa perfettamente capire quando non ne vuole più.
Il suo peso non mi interessa, vedo che lei è piena di energie e questo è quello che conta. So che è più alta della media ma di peso medio e va bene così, è una bimba snella e sanissima.

Rapporto col Pediatra

Avendo finora avuto una bimba sanissima non ho mai frequentato molto il pediatra se non per qualche controllo. Comunque il punto è questo. Il pediatra è un medico. Come la gravidanza non è una malattia, il bambino non è automaticamente un paziente. A meno che ovviamente non sia malato e allora si che mi affiderò alle cure del pediatra. Se alla domanda “il mio bambino è sano?” mi sento rispondere di sì, basta. Non mi occorre sapere altro da un pediatra. Perchè il pediatra non è uno specialista di accudimento della prole. Ogni pediatra ha idee e consigli diversi da elargire, il che significa che non c’è nulla di scientifico in ciò che un pediatra ti può dire in merito a come prendersi cura di un bambino SANO. Quindi, mi rivolgo allo specialista delle malattie infantili se mia figlia è malata. Se è sana, sta bene, è vivace…non ha bisogno di essere portata dal pediatra! Io non vado a farmi una lastra alle gambe ogni tanto per controllare se sono rotte, no? Certe mamme riuscirebbero comunque a sentirsi in colpa, ma io so che ci sono pediatri che sono d’accordo con me. Io al mio pediatra non chiedo nulla di argomenti che non lo competono (quale l’alimentazione della mia bambina sana, dove dorme la mia bambina sana, quante volte la prendo in braccio…ecc). Sarebbero affari suoi tanto quanto darmi consigli sulla mia relazione con mio marito.
Di recente ho finalmente trovato un pediatra a Mantova (ma so anche ce ce n'è più di uno) con cui mi sono trovata in perfetta sintonia: il Dr. Leggeri. Ne parlo in un apposito articolo (Pediatri che rispettano i bambini)


Dormire con il bambino


Per me dormire è una priorità per essere mentalmente sana.
Prima che Gaia nascesse fantasticavo su una cameretta arredata in modo semplice, con un lettino e una poltrona dove mi sarei seduta di notte ad allattare la mia dolce bambina. Poi è nata Gaia ed è stato chiaro che non avrei mai potuto passare le notti avanti e indietro tra camera nostra e la sua cameretta come uno zombie, anche perché la piccola si svegliava per poppare ogni ora. E inoltre io non avevo nessuna voglia di perdere di vista la mia piccolina, dovevo controllare che stesse bene, che respirasse, che non si scoprisse ne soffocasse con le lenzuola. Mi era inconcepibile lasciarla sola in una stanza. Così la infilai da subito nel lettone in mezzo a noi, con grande gioia di mio marito. ”Non hai paura di schiacciarla nel sonno?” mi chiedevano. Sinceramente no perché quando dormivo ero un sasso, non muovevo un muscolo e appena la bimba cominciava a fare qualche versetto, mi svegliavo, come se fossi in ascolto continuo.
Ancor prima di piangere e svegliarsi, quindi,  ero già pronta a sollevarla, mettermela sulle ginocchia con il cuscino sotto e attaccarla al seno. Mio marito neanche si svegliava.
Quando incontro qualche mamma, la prima cosa che mi chiedono con aria stanca è “ti lascia dormire??”. Mi dispiace per loro perché so che lo chiedono perché la loro risposta sarebbe no. La mia invece è sì, io dormo benissimo e tutto il tempo di cui necessito. Il che non significa che la bambina di notte non si svegli, ne che io possa permettermi di fare tardi la sera! Non ho idea di quante volte si svegli perché…quasi neanche me ne accorgo, l’attacco al seno senza nemmeno sollevarmi ormai, restando sdraiata accanto a lei, e mi riaddormento subito mentre lei poppa. Ovviamente, non avendo più 8 ore ininterrotte di sonno, ma 8 ore frastagliate, devo andare a letto un po’ prima alla sera. Mi dispiace per quelle mamme che soffrono per il poco sonno perché magari si son fatte convincere a dover abituare il bambino a dormire nel suo lettino, nella sua cameretta, da solo. Mi dispiace per quel bambino, che è costretto a mettersi ad urlare per farsi sentire dalla mamma e farla accorrere. Gaia neanche si sveglia, quasi al primo lamento, ha già la tetta in bocca. Mi spiace per quella mamma che distrutta dal sonno si alza, accende le luci, raccoglie dal lettino un bimbo ormai sveglissimo e resta lì seduta con lui al seno ad aspettare che si addormenti prima di poter ritornare a letto. E non riesco proprio a immaginare chi invece addirittura si sveglia e va in cucina a preparare il latte artificiale… Io impazzirei.
Inoltre a confermare la bontà della mia scelta di condividere il sonno vengono degli studi fatti sui rischi di SIDS Sindrome della morte improvvisa del lattante. Sembra che i bimbi che dormono nella stessa stanza dei genitori e sono allattati al seno sono i meno a rischio, e in effetti comprendo bene il perché.
Certo, non posso dire che tutte tutte le notte si è dormito bene, però la nottata agitata è decisamente un’eccezione perché magari la bimba ha male al pancino o ha fastidio in bocca a causa dei dentini e quindi per qualche notte si sveglia di più, urla nel sonno…niente di cui preoccuparsi comunque, si risolve tutto nel giro di pochi giorni. Inconvenienti che comunque se dormisse in un’altra stanza non sarebbero di più facile gestione.


Da quando ha copiuto un anno abbiamo adottato il trucco del "sidecar". Ovvero ho preso il suo lettino, ho sfilato un lato di sbarre e ho legato il lettino al nostro lettone. Ho acquistato due materassi per lettini da campeggio e li ho messi sotto il materasso del lettino in modo che si trovasse all'altezza del nostro materasso. Lo spazio tra il nostro materasso e quello del lettino l'ho riempito infilandoci dentro il cuscino per l'allatttamento e un'altra coperta arrotolata e ...voilà! Ora abbiamo un lettone con sidecar! Gaia ha il suo spazio e quando si lamenta perchè vuole farsi una poppata rotolo verso il lettino l'attacco e mi riaddormento.

“Insegnare” a vivere al bambino


Il concetto di “insegnare al bambino” ad abituarsi a una determinata cosa secondo me è assolutamente deleterio. Quando qualcuno mi diceva “dovresti insegnargli a dormire anche un pò nel passeggino..” io sospiravo…nessuno capiva? Io non posso “insegnare” proprio un bel niente a una neonata…posso PROPORLE una cosa e vedere come reagisce, questo si. Se la accetta, benone. Ma se me la rifiuta che faccio? La obbligo? Certo, potrei obbligarla, è ovvio che poi cederebbe, che altro fare? urlerebbe così forte e per così tanto tempo da sfinirsi e crollare addormentata nel passeggino…e magari a furia di insistere imparerebbe anche a non piangere più e ad addormentarsi da sola nel passeggino, non ne dubito. Ma altrettanto fermamente non dubito che farebbe così non perché scoprirebbe che addormentarsi da sola nel passeggino è piacevole ma perché si arrenderebbe all’evidenza del fatto che se anche piange, perchè il suo istinto le dice che è in pericolo di morte, nessuno la soccorrerà, nessuno la capisce (si chiama “estinzione graduale”). Insegnerei a mia figlia che ci sono per lei solo quando voglio io, non quando è lei che ha bisogno di me.
E’ questa la madre che voglio essere?
E questa sarebbe una vittoria per me? Per me no, anzi, mi sentirei un’egoista e mi si spezzerebbe il cuore. Usciremmo sconfitte tutte e due. Quindi preferisco aspettare che sia lei ad accettare le cose. Gliele posso proporre ogni tanto, ma se lei le rifiuta, nessuna forzatura. Sono io l’adulta, sono io che vado incontro a lei. Perché sicuramente prima o poi lei sarà pronta a fare quel passo di sua spontanea volontà e allora si che sarà una vittoria per entrambe. Non avrei mai pensato di poterla mettere a letto la sera e tornare giu in cucina per mangiare da sola con mio marito eppure anche quel giorno è arrivato. L'ho portata in facia per circa un anno e poi un girono è stata lei a indicarmi il passeggino (lo utilizzava solo con le altre persone, mai con me)  e non ha più voluto uscire in fascia. Così arriverà piano piano anche tutto il resto. Perché litigarci ora a discapito della serenità di tutti?

Allattamento, un'esperienza possibile e possibilmente fantastica.



L’altro giorno sono stata a casa di un’amica che ha avuto una bimba da pochi giorni. Mi ha detto “Se lo sapevo prima invece di andare a fare un corso preparto, che non mi è servito a niente, sarei andata a fare un corso sull’allattamento! Nessuno ti dice niente e poi ti trovi col bambino in braccio e non sai come fare e le ostetriche hanno fretta.”
“ A parte il fatto che me l’hanno riportata dopo 3 ore dal parto, 3 ore!, nessuna mi aiutava ad attaccarla al seno, alla fine è arrivata una ostetrica che si è messa a schiacciare la testa della bambina contro il seno. E’ scoppiata a piangere e non si voleva attaccare. Poi invece mentre eravamo sole e l’ho lasciata fare si è attaccata.”

Prima del parto mi dicevo…ma perché tutti insistono tanto a parlare di allattamento? Che ci vorrà mai? Se sarò fortunata e avrò il latte potrò allattare, se no no. Dove saranno tutte queste difficoltà?
In parte avevo ragione, in parte no. Dopo aver letto qualche libro, essere andata a un corso preparto eccezionale e aver conosciuto una consulente di allattamento ho scoperto che in realtà tutte le mamme hanno il latte e allattare è un istinto naturale, come pensavo. Il problema è che le mamme spesso non ricevono gli aiuti e le informazioni giuste (c’è molta confusione a riguardo) e quindi o l’avvio dell’allattamento viene compromesso (spesso dalle stesse ostetriche che ti assistono) e non inizia nemmeno, oppure vengono consigliate male e quindi il latte piano piano si estingue. Ecco perché questo enorme numero di donne che dice che purtroppo “non aveva latte” o che l'ha "perso". Se invece hai in mano le informazioni giuste, l’allattamento è una bazzecola, anzi, è bellissimo e basta. Oltre che molto utile!
La consulente di allattamento Francesca Alberti, che io, essendomi fatta una testa tanta prima del parto, fortunatamente non ho mai avuto bisogno di contattare, mi ha chiesto di segnalarle la mia esperienza in ospedale. Ecco cosa le scrissi:
“Io ho partorito all'ospedale di Pieve di Coriano, scelto espressamente perchè il mio ginecologo, che lavora al Poma di Mantova mi ha sconsigliato di partorire al Poma.
E sicuramente nella scelta ci ho guadagnato anche se sinceramente il prossimo parto sogno di farlo in casa, perchè anche a Pieve non sono esattamente al passo coi tempi...
Per quanto concerne l'allattamento ho da segnalare 4 cose:
1) Quando la mia bimba è nata l'hanno avvolta in un panno e me l'hanno data in braccio e quindi non me l'hanno messa nuda sul ventre. Nessuno mi ha detto niente, sono stata io a scoprirmi il seno e appoggiare la bambina sul capezzolo. Neanche il tempo di annusare il seno e me l'avevano già tolta per farle il bagnetto. (N.B. non avevano neanche la scusa di dovermi dare dei punti)
2) La bambina di prassi avrebbe dovuto passare le prime due ore in culla termica perchè secondo le ostetriche la mamma dopo il parto è troppo fredda per poter scaldare adeguatamente il pupo. Sotto mia insistenza (avevo letto che le prime ore dopo il parto sono le più importanti per avviare l'allattamento) in via eccezionale me l'hanno riportata dopo solo un'ora.
3) Quando me l'hanno portata l'ho presa in braccio, mi sono scoperta il seno e l'ho avvicinata. Lei si è messa ad annusare e leccare il capezzolo. E' intervenuta l'ostetrica che mi ha detto "Ti faccio vedere come si allatta" e si è messa a schiacciare la faccia della bimba contro il mio seno, facendola scoppiare a piangere (secondo me perchè così si è sentita soffocare), io sono schizzata su con un "Faccio da sola!!" e l'ostetrica se n'è andata offesa. Ho lasciato che la bimba riprendesse dolcemente ad entrare in confidenza col capezzolo e a fare i suoi tentativi, i suoi strusciamenti e alla fine si è attaccata serena.
4) La seconda notte che ho passato in ospedale la mia bimba urlava come una disperata e non riuscivo a calmarla, nemmeno offrendole il seno. E' arrivata un'altra ostetrica e ha riprovato ad attaccarla al mio seno schiacciandole la faccia contro la tetta, come aveva fatto la sua collega il giorno prima. La bimba non si è attaccata ne calmata, anzi, si è arrabbiata ancora di più. L'ostetrica mi ha detto che probabilmente piangeva perchè aveva fame e mi ha proposto di darle una aggiunta di latte artificiale visto che io ancora avevo il colostro, la montata non mi era ancora arrivata. Io ho rifiutato dicendole che mi tenevo la bimba così, grazie. Avevo letto alcuni libri del Leone Verde e sapevo che la montata lattea impiegava qualche giorno ad arrivare e non volevo che un'aggiunta di latte artificiale potesse comprometterne l'avvio. Infatti due giorni dopo è arrivata la montata.
In sintesi ho fatto tutto da sola per quanto riguarda l'allattamento. Sono stata fortunata perchè non ho avuto problemi, salvo qualche piccolo dolore ai capezzoli (qualche piccola ragade) durante la prima settimana a casa, ma poi si è risolto tutto da solo, non ho avuto bisogno di chiedere aiuto.
Quel "Faccio da sola!!" però rimarrà per sempre nei miei ricordi perchè credo che sia stato quello il momento in cui ho capito che avevo davvero la possibilità di proteggere mia figlia e non dovevo per forza sottostare alle istruzioni di medici e ostetriche. Ho capito che nessuno di loro aveva potere sulla mia bambina se io non glielo concedevo e questo mi dava serenità anche se significava grandi responsabilità. Però mi chiedo, perchè una donna deve sentire di doversi difendere proprio in un momento così delicato come il puerperio accipicchia?”

Inutile dire che è stato fondamentale fin da subito offrire il seno alla bambina ogni volta che piangeva, (si chiama allattamento a richiesta) ovvero quanto spesso voleva, per tutto il tempo che voleva.
Gaia  mi ha messa davvero a dura prova, i primi due mesi ciucciava ogni ora. Ogni ora. Ce l’avevo attaccata dappertutto, a tavola, in bagno…A ogni poppata le offrivo la tetta che non aveva ciucciato la poppata precedente. Anche qui, non è vero che bisogna tenere attaccato il bimbo 10 minuti da una parte e 10 dall’altra…lo dicono tutti i libri di allattamento. Ancora una volta…ma lasciamoli in pace sti bambini! Fidiamoci un po’! Io la attaccavo alla tetta che sentivo più gonfia e amen.
Gaia è sempre stata una bimba da “una ciucciatina e via” , tante piccole poppatine. Impegnativo, ma di grande soddisfazione il fatto che in questo modo aveva pochissimi rigurgiti di latte, digeriva benissimo.
Il fatto che lo stomaco dei neonati debba riposare è un'assurdità. E non lo dico io, ma diversi pediatri.
Quante volte mi è stato chiesto “quante poppate fa al giorno?”…mai saputo. Mai contato. Non lo so nemmeno ora. Quelle che le servono immagino, perché dovrei contarle? E’ come chiedermi quante volte faccio la pipì…chi le conta?

Problemi di allattamento non ne ho mai avuti a parte un paio di piccoli ingorghi, (apparivano come un livido sul seno) che si sono risolti nel giro di pochi giorni semplicemente massaggiando il seno e attaccando di più la bimba al seno dolorante. Inoltre per due volte durante i primi mesi è capitato che per alcuni giorni mi sembrava che il seno fosse sempre sgonfio, che Gaia lo svuotasse così velocemente che la produzione non ci stesse dietro e mi ero preoccupata che non mangiasse quanto voleva. Però in entrambe le situazioni mi sono detta, aspettiamo 3 giorni, se la situazione non cambia chiedo aiuto alla consulente di allattamento. Entro il terzo giorno il mio seno si era adattato alla nuova richiesta di latte e produceva di più, ritornando ad essere pieno. Anche questa volta, è bastato avere fiducia nel mio corpo e in mia figlia.

L’allattamento è stato ed è tuttora per me un modo piacevolissimo di farmi le coccole con la mia bambina, inoltre ha dei vantaggi sia a breve che a lungo termine per proteggere la sua salute, essendo l’alimento più sano e nutriente in assoluto per lei.
Inoltre devo ammettere che nei suoi primi 15 mesi di vita Gaia non si è mai ammalata. Prendendo il mio latte evidentemente è satura di anticorpi.
Non so per quanto ancora allatterò e non me lo chiedo. Per ora sono felice così e lo è anche Gaia. Se lei vorrà arriverò ai 2 anni, come consiglia L’Organizzazione Mondiale della Sanità (consiglia minimo fino ai 2 anni), e dopo vedremo. Magari si stufa prima.
Ma meglio non contarci.

Recentemente ho trovato un libro molto utile, che mi rammarico di non aver letto prima del parto perché mi avrebbe risparmiato alcuni errori: Allattare un gesto d'amore di paola Negri.

Potere e responsabilità.



Oggi dico con certezza che non giudicherò mai più un genitore con la leggerezza con cui lo facevo prima di essere madre a mia volta.

Appena diventi madre sembra che tutti cerchino di farti capire che non sei capace di fare la mamma, che devi imparare, e a tale scopo si sentono in dovere di elargirti un sacco di buoni consigli su come si fa, dando per scontato che si fa in un solo modo: il loro. Altrimenti sbagli.
La verità è che tu (e/o il padre del bimbo, in certi casi) sarai sempre la maggior esperta mondiale di tuo figlio, (anche se all’inizio non lo pensi) e semplicemente l’unica cosa che occorre imparare è proprio questa verità.
Cercheranno di farti credere che tuo figlio non è stato affidato a te, ma è stato affidato ai medici, agli "esperti" e che sei una pazza a non consegnarti a loro ad occhi chiusi. Non è vero. Tu hai il potere di concedere agli altri l'"accesso" a tuo figlio, che è stato affidato a te e a tuo marito. Nessuno ha il diritto di intervenire su tuo figlio senza il tuo consenso, ne a giudicarti, in ospedale come a casa.
Il senso di responsabilità è grande ma, come per il prendere marito e per decidere di avere un figlio, per crescerlo ci vuole a volte un pizzico di incoscienza. Col senno di poi ringrazio i miei “momenti di incoscienza” in cui ho rifiutato consigli provenienti da ostetrica, pediatra o psicologo di turno perché ho deciso di seguire invece il buon senso e l’istinto.
Mi riferisco a scelte come ad esempio quella di fare il travaglio nella serenità di casa mia, invece che correre subito in ospedale, ed opporsi al fatto che la bambina fosse allontanata da me, chiusa in una culla termica, per due ore dopo il parto(Motivazione: la mamma è troppo fredda per poter scaldare il neonato). Sapevo invece che le ore successive al parto sono le più importanti per il bonding e per l’avvio dell’allattamento. Mi riferisco alla scelta di rifiutare aggiunte di latte artificiale offerte dalle ostetriche, correndo il rischio di far patire la fame alla bimba a detta loro e più avanti di gestire l’introduzione delle pappe nella dieta di mia figlia seguendo i consigli di due pediatri di cui avevo letto i libri invece che quelli del pediatra affibiatoci dalla ASL.
E’ dura fare il contrario di quello che ti dice “il dottore”, prendersi la responsabilità di ciò che questo potrebbe comportare. L’autorità del camice è sempre una grossa influenza.
Tuttavia a volte l’ho fatto, ho preferito credere nelle informazioni che avevo scovato fuori dall’ospedale o dallo studio pediatrico, più inclini a ciò che sentivo d’istinto e nonostante/grazie a ciò la mia bambina è in ottima salute e psicologicamente equilibrata. Ne deriva che dubito che potrei dire lo stesso se avessi acconsentito sempre a tutto ciò che si aspettavano che facessi. Non demonizzo la categoria, ho sempre avuto massima fiducia nella sanità finora. Ma purtroppo per quanto riguarda gravidanza, parto, puerperio e maternità ho riscontrato grosse carenze e incoerenze nell’assistenza ai “pazienti” SANI. Altra storia è l’assistenza medica in casi di patologie, nel qual caso, benedetti i medici che possono salvare delle vite.
L’allenamento è durato molti mesi ma oggi io sono una persona molto diversa rispetto a quella che ero alla nascita di mia figlia. Ho gli occhi pieni della mia bambina e finalmente non vedo altro, la pressione della società, dei parenti, dei medici mi scivola addosso senza lasciare traccia. So che devo molto a mio marito, che mi ha lasciato carta bianca.

A proposito di “potere e responsabilità” mi viene in mente anche un altro frangente in cui la scelta di attuare o non attuare un tuo intervento utilizzando la tua autorità di madre può fare la differenza. In genere capita coi parenti più stretti ma a volte anche con perfetti sconosciuti: una persona dice o fa una cosa con o a tuo figlio che tu disapprovi o che ti infastidisce. Fortunatamente mi capita davvero molto di rado perché le persone che interagiscono con Gaia ormai riconoscono la mia autorità e raramente si permettono di  agire senza prima consultarmi (e per questo ho un grande sentimento di gratitudine verso di loro). Tuttavia può sempre capitare la persona invadente, che non riconoscendo i limiti dettati dal rispetto altrui (limiti sia “fisici” che “verbali”si intende) aggredisce tuo figlio con uno slancio di entusiasmo che gratifica solo chi lo fa, lasciando il genitore irritato e il bambino contrariato se non piangente. Ho assistito a una scena pochi giorni fa: un’amica con il bimbo in carrozzina, ci siamo incontrate per strada e ci siamo messe a chiacchierare. Io non tocco mai i bambini altrui, mi limito a salutarli sorridendogli, mi sembra più rispettoso perché non sono dei bambolotti ma delle persone e io per loro sono una sconosciuta, quindi come non gradirei se uno sconosciuto mi si avvicinasse accarezzandomi la guancia evito anche io di farlo agli altri, a prescindere dall’età. Comunque, stavamo chiacchierando e arriva una signora che saluta la mia amica e si fionda sul passeggino ad accarezzare le guance e le mani del bimbo. Io osservavo l’espressione tirata della mia amica. Dopo un po’ la signora saluta e se ne va. La mia amica mi guarda e mi dice “odio quando me lo toccano! Ma scusa, proprio in faccia gli doveva mettere le mani? E poi le manine se le mette in bocca!”. Io l’ho rassicurata sul fatto che era capitato anche a me, al supermercato, una signora dopo essersi coperta la bocca e aver emesso un sonoro starnuto ha visto Gaia seminascosta nella fascia e mi si è gettata addosso, utilizzando la stessa mano per tirare verso il basso il lembo della fascia e scoprire il viso alla bambina. Mi ero tirata indietro con un balzo e avevo avvertito la signora che la bambina quel lembo di tessuto lo succhiava quindi non era il caso di toccarlo. Ma la maggior parte delle volte, capisco la mia amica…semplicemente si tace e si stringono i pugni. Perché hai paura di offendere, perché hai paura di essere giudicata iperprotettiva. E’ giusto farsi dei riguardi e distinguere gli episodi in cui è meglio lasciar correre, perché “non è grave” o perché “anche io prima di avere figli/essermi informata facevo come loro”, dagli episodi in cui invece “si passa il limite”. Per me, lo starnuto e l’invadenza di cui eravamo state vittime era stata… “troppo”. In genere però se qualcuno si avvicinava con modi più garbati ero più disponibile a frenare i nervi, la gente a volte coi bebè ha delle reazioni istintive e non si ferma a pensare cosa ne può pensare il bebè o la mamma. Forse anche io prima di avere Gaia toccavo la manina a bimbi sconosciuti. Ma non ricordo perché non mi sono mai interessati granchè i bimbi prima, ne avevo mai pensato che potessero avere delle opinioni sulle persone che li avvicinavano.
Ad ogni modo, il mio parametro di giudizio per differenziare le situazioni troppo invadenti da quelle invadenti ma sopportabili è guardare Gaia, la sua espressione, i suoi gesti in risposta all’evento. Se sorride, o per lo meno è serena, tutto bene, a meno che non stia accadendo qualcosa di potenzialmente “insano” (le stanno offrendo dei dolci o le stanno starnutendo in faccia) non interverrò. Se invece ha un’aria preoccupata o ansiosa, mi guarda , mi si stringe addosso o peggio ancora inizia a piangere …quello è il segnale che devo intervenire, è il suo SOS. Devo difenderla, anche se la persona a cui farò sentire la mia autorità materna ci rimarrà male. Devo far sapere a Gaia che sono dalla sua parte, non le sorrido cercando di farle credere che l’ "invadente” di turno va assecondato, piuttosto assecondo mia figlia. Allora fermo tutto, mi riprendo in braccio la bambina nel caso già non lo fosse, e spiego all’invadente, con gentilezza che no, Gaia non ama essere presa in braccio dagli estranei, no, Gaia non ama chi le sta troppo adosso, no, Gaia non ama quando le si parla ”a voce troppo alta”si, Gaia è una bambina ipersensibile, è una mammona, meglio ignorarla perchè continuare a girarle intono dicendo “cucicù” mentre lei gira la testa dall’altra parte evidentemente la infastidisce. Cose ovvie, ma la gente a volte ha bisogno che le vengano spiegate.
Io sono il tramite di mia figlia per relazionarsi col mondo, se per codardia le facessi mancare la mia protezione nel momento del bisogno, a chi potrebbe mai rivolgersi? Imparerà che deve sopportare le invadenze e i soprusi della gente? Io non desidero questo, ma piuttosto che impari tramite il mio esempio a reagire, sempre con garbo, per difendere i suoi spazi fisici ed affettivi e a mediare con la gente spiegando i suoi bisogni.

Depressione Post Partum ??


Personalmente, pur avendo avuto un paio di momenti di stanchezza in cui in tutta franchezza ho pensato di lanciare la bimba contro il muro, (ma Cacilia, la psicologa che ha tenuto il corso preparto ha detto che è normale, basta non farlo!!) non ho mai pensato neanche lontanamente di poter soffrire di depressione. Non a causa della bimba almeno. Anche se per i primi due mesi alla sera piangeva un sacco senza che io riuscissi in alcun modo a consolarla, io ero serena perché sapevo che era tutto normale, e che stavo facendo tutto quello che potevo per esserle vicina e non desideravo essere in nessun altro posto al mondo se non a cullare e allattare la mia bambina strillante.
L’unico vero ostacolo alla mia serenità è stata la percezione di essere oggetto di critiche e giudizi da parte di alcuni miei parenti, che, sicuramente in buona fede, pensavano di aiutarmi elargendo consigli non richiesti, ottenendo invece di farmi sentire non rispettata, incompresa e incapace nel mio nuovo ruolo di madre. Ho passato delle brutte nottate a piangere, finchè non ho trovato il modo efficace di chiarire definitavene la mia frustrazione e sensibilizzarli al problema. Ma questo lo racconterò più avanti.
Pertanto il fatto che alcune donne soffrano di depressione post partum, mi sorprende, ma ascoltandone qualcuna lamentarsi capisco che c’è la generale tendenza a complicarsi la vita, e di conseguenza ad impazzire più facilmente di sonno, stanchezza e stress.
Io penso di essermi protetta da questo genere di pericolo grazie a queste scelte:
  1. Indispensabile. Avere una colf tuttofare affidabile e di qualità o in alternativa una suocera o una madre che si stabilizzino a casa tua per qualche settimana pensando a tutto tranne che a occuparsi del bambino, che ha bisogno solo della sua mamma. In alternativa ancora, un marito efficientissimo che si premuri di curare, pulire la casa e soprattutto di cucinare o procacciarsi in qualunque modo cibo pronto.
  2. Dormire SEMPRE quando dorme il bambino, che sia giorno o sia notte. Non farsi prendere dalla voglia di fare altro. Buttare via l’orologio.
  3. Non sentirsi in colpa se non si riesce nemmeno a cucinare un uovo. La pizza a domicilio andrà benissimo, altrimenti, se il marito si lamenta, che cucini lui. La parola magica per i primi mesi è “sopravvivere”.
  4. Affrontare giorno per giorno. L’obbiettivo è arrivare a sera, niente di più. Continuare a ripetersi che poi tutto passerà e la bambina crescerà, è di enorme aiuto.
  5. I parenti e gli amici hanno tanta voglia di dare una mano? Che portino cibo grazie!
  6. Ridimensionare le aspettative e abitudini da maniaca dell’igiene.
  7. Allattare al seno. Mille volte più comodo di allattare col latte artificiale: se il pupo dorme di fianco a te non ci si deve nemmeno alzare dal letto e ce la si cava in pochi minuti.
  8. Portare il bambino con la fascia: lui è contento perché è in braccio e la mamma non si  spezza la schiena.
  9. Non tentare di dare dei ritmi al bambino, ci si renderebbe la vita un inferno. Assecondarlo e basta, come un passo di tango in cui sia lui a condurre. Fidarsi di lui. Lasciarlo poppare  e dormire quando e quanto vuole, buttare via tabelle, prescrizioni, statistiche su quanto deve mangiare, dormire… lui sa quello di cui ha bisogno. Piano piano sarà lui da solo a trovare il suo ritmo, ogni intervento è dannoso. Per almeno qualche mese ha solo bisogno di una mamma con una pazienza incondizionata.
  10. Non pesare il bambino più di una volta alla settimana. Meglio ancora non pesarlo affatto e lasciare che sia il pediatra a farlo ai controlli. Disinteressarsi della posizione che il bambino occupa nelle tabelle di crescita. Se il pediatra dice che il bambino è sano, non occorre sapere altro. Un peso “sotto la media” non è un sintomo di malattia, visto che la media presuppone che il 50% dei bambini sia sopra e il 50% sia sotto. Ricordarsi che la priorità è che il bambino sia felice, non che sia del peso che vorresti tu. Ottimo a questo scopo vedere libro del pediatra Carlos Gonzalez “Il mio bambino non mi mangia”.
  11. Di notte tenere il bambino a dormire nella camera dei genitori, la mamma riposa molto ma molto di più.
  12. Difendersi da critiche e giudizi di parenti e persone a cui vuoi bene ma ti stanno rendendo la vita ancora più difficile.

Dopo la nascita. Ovvero “il parto? Uno scherzo a confronto!!”



Una volta tenevo un diario. Da quando Gaia è nata non ho più scritto. Non ce l’ho fatta fisicamente, lei si è presa tutto: il mio tempo, le mie energie, la mia attenzione…non essendo una bambina “delegabile” e avendo io fatto delle scelte in merito allo stile genitoriale che volevo abbracciare, ho messo lei davanti a tutto e tutt’ora sono felice che sia così. Però da quando a 9 mesi e ha cominciato alla sera ad addormentarsi presto, lasciandomi del tempo libero, dopo aver cenato con mio marito, riesco a ritagliarmi del tempo ogni tanto e non voglio che questi bellissimi primi mesi della sua vita vengano dimenticati. Eccomi quindi qui a ripercorrere i passi della nostra avventura.

Non me lo aspettavo
Non ci sono parole per poter descrivere, a chi non ci sia passato o non ci stia passando, come cambi la tua vita dal momento in cui nasce un bambino in poi. Io non potevo assolutamente capirlo prima. E’ come trovarsi catapultati al di là dello specchio di Alice nel Paese delle Meraviglie. E’ come rinascere, la tua vita comincia da capo. C’è una vita pre-bambino e una post-bambino. Ciò che prima sembrava importante ora non lo è più così tanto e ciò che invece sembrava semplice e palese ora non lo è più. Due stupidi esempi: un rigurgito di latte sul lettone non giustifica il cambio delle lenzuola. E 5 minuti per fare la cacca da sole in santa pace in bagno non è più una cosa scontata.

Non so descriverlo meglio di così.
Pensavi che “l’esame” fosse il parto. Invece il parto è un attimo, un giorno che rimarrà vivissimo nella tua memoria per tutta la vita, un giorno da preparare, mentalmente, psicologicamente, perché possa essere per sempre un ricordo meraviglioso e non un trauma da metabolizzare per il resto della tua vita. Ma se fai le cose fatte bene, se ti informi, e ti prepari, se non ti deleghi semplicemente ai medici e sei pronta anche a difendere i tuoi diritti se è necessario e hai fiducia in te, nel bambino e nel fatto che migliaia di bambini nascono ogni giorno senza problemi, il parto sarà semplicemente quello che dovrebbe sempre essere: un evento eccezionalmente naturale e gioioso. Un’esperienza indimenticabile. Ma pur sempre un giorno solo.
Nulla ti prepara al dopo parto invece. Nessuno ti fa un corso post-parto. E invece è da qui in poi che inizia la vera avventura e il corso post-parto te lo devi fare tu.

Inoltre dal punto di vista affettivo è un’esperienza pazzesca, perchè finchè non lo vedi in faccia quel piccolo sconosciuto, finchè non lo tocchi con mano, non puoi dire di conoscerlo veramente …era più che altro nella tua fantasia, ecco. Quando era in pancia e durante il travaglio “sentivo” che la mia bambina era un tipetto deciso, che sapeva quello che voleva e come ottenerlo. Il parto l’ha fatto tutto lei, un giorno ha deciso che era ora e si è spinta fuori, in pratica! Questa impressione sul suo carattere a 9 mesi data dopo la nascita è da riconfermare in effetti, quindi forse la conoscevo anche quando era nella pancia ma ho potuto accertarmene solo quando poi è nata…e in quanto ai sentimenti…bhe, ora sono innamorata. Ma tipo innamorata come una liceale eh?? Con un po’ di senso di colpa verso mio marito quando alla radio sento una canzone d’amore spesso istintivamente la “applico” a lei!! Tipo…stamattina ho sentito Stand by me e ovviamente mi è venuta in mente lei. I primi mesi non era così. L’idea di separarmi da lei mi era inconcepibile, come separarmi da un mio braccio o una mia gamba, però non sarei riuscita a descrivere che genere di amore provavo per lei…era come amare me stessa. Certo che ti ami, ma non come ami un’altra persona. Come ami te stessa. E’ diverso, non so se mi spiego…Ora invece, pur considerandola ancora come parte del mio corpo, la amo come una persona. Forse perché ora lei è in grado di farmi capire che anche lei mi ama.
Un’altra cosa che non mi aspettavo di scoprire è…di essere un mammifero. Si, col parto ho scoperto di essere un mammifero. Il mio corpo si è trasformato, plasmato, lievitato, ammorbidito, dilatato e…imploso per ritornare esattamente come era prima, anzi meglio. E’ stato come assistere al Big Bang. Nel mio caso, come nel caso del 50% delle donne, tutto questo non ha comportato la benché minima lesione. E questo è davvero affascinante se penso che una bimba di 3,50 kg è uscita proprio da lì…poi è arrivato l’allattamento e ti senti un po’ mucca…ma poi passa e capisci che non è che ti senti un po’ mucca, è che c’è un po’ di mucca in te! Ovvero, ecco qua, sono un mammifero tanto quanto lo è la mucca.
Fa strano questa parte “animale” che è accessibile solo a noi donne... E per mia esperienza è molto meglio accettarla che respingerla, perché rende tutto molto più semplice. Quando partorisci, sapere di essere un mammifero ti da coraggio (con la testa non lo so fare, ma il mio corpo farà tutto da solo, se ci riesce una cavalla, posso farlo anche io!) e quando allatti sapere di essere un mammifero ti permette di creare un legame col tuo cucciolo d’uomo che, davvero, niente potrà mai paragonarsi…è un’esperienza meravigliosa. La natura, o il Creatore come penso io, la sa davvero lunga…

Detto ciò, al di là del lato prettamente fisico del diventare madre, il vero dilemma che si pone è:
Che tipo di madre vuoi essere? Io me lo sono chiesto per molti mesi dopo il parto e a tale scopo ho raccolto informazioni, documentazioni, su  teorie, approcci, metodi di qualunque orientamento e opinione. Ho letto decine di libri. Poi di tutto questo materiale ho trattenuto solo ciò che mi calzava bene, che sentivo giusto per me e per la mia bambina.
Si perché ho dovuto arrendermi all’evidenza: non c’è un UNICO indiscutibile MODO GIUSTO di fare la madre. Ce ne sono centinaia, migliaia forse. Anche perché ogni diade madre-figlio è specialissima e nessuno può ne deve permettersi di dirti che scelte fare per tuo figlio. Puoi (e a mio parere devi) informarti a 360 gradi all’inizio, ma poi la decisione spetta alla mamma e alla mamma sola. Non al pediatra, non alla suocera, non ai così detti “esperti”…perché nessuno, nessuno è più esperto di te su tuo figlio. Anche se quando esci dall’ospedale con il fagottino in braccio nulla ti sembra più lontano….e pensi “oddio adesso siamo soli soli…esploderà?” … invece è vero: La mamma è la maggiore esperta mondiale di suo figlio. E se non lo sa uscendo dall’ospedale lo saprà presto…Questa è l’unica affermazione che mi sento di generalizzare.

Visto che so quanto il tempo sia infingardo e cancelli i ricordi, ho pensato di scrivermi il mio diario, per poter un girono rileggere in queste pagine la mia “Formula della felicità” di questi primi anni di vita della mia bambina, per la quale desidero essere la migliore madre possibile, senza permettermi  sconti. Non che io pensi di essere perfetta, intendiamoci, sono umana e fallibile, sia come donna che come madre. Però non posso fare a meno di pensare che quello a cui ambisco sia un capolavoro…e di lavoro da fare ce n’è!

Io e Gaia, diade unica al mondo, abbiamo trovato la nostra realizzazione e il nostro equilibrio grazie alle seguenti scelte. Scelte personali, si intende sempre. Dettate dell’osservazione  e “sperimentazione” di e su questa bimba vulcanica, sveglia, di umore delicato e cangiante, estremamente sensibile e bisognosa di sicurezze. Un connubio affascinante di fragilità affettiva e forza di carattere. Sa bene quello che vuole e non perde occasione per comunicarmelo.