domenica 21 aprile 2013

Valigia per il parto



Ecco l'elenco della mia valigia per l'ospedale.
Non ho utilizzato tutto quello che ho portato, ma nel più ci sta il meno...ed ero certa di non aver dimenticato niente!!


BORSA PER LA DEGENZA IN OSPEDALE:
-          3 camicie da notte
-          4 mutandine
-          vestiti per il ritorno a casa
-          2 reggiseni
-          2 paia calzini
-          assorbenti
-          vestaglia
-          golfino
-          beauty (spazzolino, dentifricio, detergente doccia, crema viso, crema corpo, spazzola, shampo e balsamo)
-          accappatoio tessuto sintetico
-          asciugamano x bimba
-          5 body cotone
-          5 tutine cotone
-          5 paia calzine
-          6 bavaglini
-          libro
-          un rotolo di pannocarta per fae il bidet
-          caricabatteria cellulare
-          pancera
-          mutandine a rete usa e getta
-          fogli copriwater
-          tappi per orecchie

BORSA PER IL PARTO
-          Piano di Parto
-          Vestiario x raggiungere l’ospedale: tuta, accappatoio spugna, coperta, telo plastica, catino x vomito, scarpe ginnastica.
-          Mutandine usa e getta di rete e assorbenti
-          macchina fotografica con carica batterie
-          panno x il viso
-          burro di cacao
-          bottiglia di acqua
-          succhi di frutta
-          elastico x capelli
-          calze di lana
-          piccolo stereo con CD
-          pantofole e ciabatte di gomma
-          olio mandorle
-          biscotti, cioccolata, barrette energetiche
-          soldi, documento d’identità, tessera sanitaria e cellulare
-          cartella degli esami clinici
-          prima vestizione bimba: body, tutina, calzine, camicino di seta, cuffia, pannolino
-          fazzoletti
-          kit per raccolta campione cordonale
-          copertina bimba
-          2 sacchetti riscaldanti


BORSA PER IL RITORNO A CASA
-          navicella omologata auto
-          sacco bimba
-          cappotto

Separazione. La prova del fuoco.

Ansia da separazione. Dicono che compare verso i 5 mesi e va avanti fino a circa i 2 anni. Gaia credo l’abbia avuta fin dal primo giorno di vita. (Anche oggi, che ormai ha 20 mesi muoversi all’interno della casa con agilità è un’utopia. Appena lascio la stanza in cui lei si trova comincia a lamentarsi e si butta all’inseguimento.) Mi sono quindi fin da subito sentita di doverla rassicurare sul fatto che la mamma ci sarà sempre quando lei ne avrà bisogno.
Ma partiamo dall’inizio.

Prima del parto pensavo “devo dimostrare che non sono una scansafatiche, che non è che adesso perché divento madre al diavolo tutto e mi annullo per questo esserino delizioso” e ponderavo di tornare al lavoro quando Gaia avesse avuto 4-6 mesi.
Gaia aveva solo pochi giorni e io cominciavo a realizzare che questo esserino delizioso non chiedeva che io mi annullassi per lei, semplicemente aveva davvero bisogno di me. Ma, cosa ancor più grave, io avevo bisogno di lei perché lei era parte del mio corpo. Mi era davvero difficile separarmene se non (raramente) per il tempo di una doccia.

Se poi è capitato che qualche volenterosa nonna in un magico momento riuscisse a portarla a fare un giro addormentata in carrozzina, io dopo i primi 5 minuti in cui godevo del tempo concesso a me stessa venivo pervasa da un senso di attesa…immaginavo la mia bambina piangente mentre la nonna di turno correva verso casa spingendo la carrozzina,”perché la nonna di turno, corre subito a casa se la bambina si mette a piangere,vero??Non la farà mica piangere, passeggiando serenamente facendo finta di niente??” e a quel pensiero sentivo il latte gocciolarmi addosso.
Avevo la sensazione che tutti volessero separarmi da lei, mi sentivo assediata alle volte. Come se fosse una cosa “sbagliata” o “morbosa” il fatto che stessimo insieme 24 ore su 24. Sembrava una cosa che disturbava tutti, tranne me e Gaia. Probabilmente la gente lo faceva pensando di togliermi un fastidio, di farmi riposare, invece la verità è che le volte che io acconsentivo lo facevo più per loro che per me, perché separarmi dalla piccola non era affatto rilassante ma piuttosto doloroso perché ero certa che lei se ne sarebbe "lamentata" (e così puntualmente era). E per “lamentata” intendo lacrimoni e singhiozzi da farsi soffocare…no, non potevo permettere che soffrisse così. Perciò stavo bene solo quando lei era sotto i miei occhi. Che sofferenza all’inizio per me acconsentire alle richieste dei parenti di lasciargli la bambina per qualche minuto, per dimostrare che davvero non mi volevo separare dalla bambina per LEI e non per mio puro egoismo. Un po’ alla volta ci sono arrivati tutti e mi hanno creduta: "è una mammona!". Solo in un’ occasione mi sono sentita rispondere con un sorriso mentre Gaia era presa dai singhiozzi “Bhe, così si fa i polmoni!”. (Sono rimasta a bocca aperta e mi sono subito ripresa la bambina.)

Quindi ho vissuto i primi mesi con un senso un po’ di “invasione” quando qualcuno cercava di separarci. Io non avevo bisogno di nessuno per badare a lei, ero ben felice di fare tutto io e soffrivo queste continue visite e proposte di tenere in braccio la bambina, il starle addosso…fortunatamente lei non se ne accorgeva quasi. A volte mi veniva una voglia di scappare via con lei, lontano da tutti, mio marito escluso ovviamente.
Impensabile tornare al lavoro, mi venivano i brividi a immaginare il giorno in cui l’avrei lasciata nelle mani (seppur  amorevolissime) di qualcun altro che non fossi io o suo padre. Qualcuno che non la conosceva come noi, che non sapeva quanto era fragile affettivamente, che non sapeva cosa la faceva calmare, quali trucchi funzionavano per distrarla e che probabilmente non era disposto come me ad assecondarla in tutti i suoi bisogni, soprattutto quello di stare in braccio. Sarei rimasta a casa con lei per sempre. Ma quando Gaia compì 6 mesi tutto divenne molto, molto..troppo impegnativo. Cominciai a capire che non ce la facevo più,  lei ora mi chiedeva più di quanto non potessi dare. Le mie energie ora non bastavano. E cominciai a desiderare di poter avere qualche ora al giorno in cui non dover essere concentrata su di lei, perché fino a quel momento la mia concentrazione su di lei era completa, per tutte le ore di veglia che avevo e un po’ anche durante il sonno, perché era questo che lei mi richiedeva, senza sconti. Andavo a letto con lei la sera e mi risvegliavo con lei la mattina.
Si, sparatemi! Amo stare con mia figlia e amo sapere che lei ama stare con me. A volte sembra vogliano farlo sembrare un crimine, questo, nella società di oggi, invece che un normale istinto materno. “Bisogna mandare i bambini al nido così socializzano…” ma se hanno tanta smania di socializzare, perché quando si vedono al parco non salutano la mamma e gattonano via coi loro amichetti? Forse perché non sono ancora pronti per questo passo? Solo ora che si avvicina ai due anni Gaia riesce a godere della compagnia di altri bimbi... il termine "giocare con altri bimbi" è ancora lontano però.
Per cercare sollievo dalle mie ansie mi sono buttata a capofitto nella lettura di un libro irrinunciabile “Lavorare e allattare si può”, della Leche Ligue (lega materna per l'allattamento).
E’ arrivato settembre, il momento per me di tornare al lavoro. I bambini a 9 mesi dicono che sono all’apice dell’ansia da separazione. Sono state due settimane tremende, la prima di “prove” e la seconda invece di dura realtà lavorativa. Lì per lì mi sono maledetta per aver dato la mia parola di rientrare al lavoro (sebbene una generosa proroga mi fosse già stata concessa! in teoria dovevo rientrare a giugno), ma almeno avevo scelto di rientrare part-time, solo 4 ore al giorno.
Avrei preferito che Gaia si staccasse da me dolcemente, coi suoi ritmi, invece di doverla forzare. A oggi non so ancora bene se dopotutto è stata la cosa migliore o se fosse stato meglio rimandare il mio rientro al lavoro quando Gaia avesse compiuto 1 anno. Ma forse sarei impazzita prima.... Non so. L'unico consiglio che mi sento di dare riguardo a questo argomento è di NON decidere mai la data del rientro prima di avere il bambino tra le braccia. Magari no, ma magari cambia tutto.
Comunque, tornando al racconto, Gaia per i primi 2 giorni della seconda settimana ha urlato tutto il suo terrore di abbandono per tutto il tempo in cui io sono mancata, un’esperienza straziante per tutti: lei, me, nonna e babysitter. Poi dal terzo giorno ha cominciato ad adattarsi, migliorando ogni giorno che passava, fino ad arrivare a sorridermi e farmi ciao ciao con la manina quando la saluto ed esco di casa. E’ stata la cosa più difficile della mia vita “abbandonarla” per qualche ora, sapendola piangente. Per me una rinascita avere qualche ora al giorno in cui non dovermi preoccupare di controllare in che guai si stesse cacciando, ma una tortura sapere che lei invece non stava affatto bene senza di me. Anche qui ho sentito addosso i giudizi…”eh, è abituata a stare sempre in braccio alla mamma, attaccata alla tetta…” come se Gaia fosse la prima bambina a lamentarsi dell’assenza della mamma. Come se il fatto che il cucciolo stia con la mamma fosse una condizione creata artificialmente e non piuttosto una predisposizione biologica di tutte le specie di mammiferi. Gaia non ha mai voluto il ciuccio ne alcun tipo di surrogato materno (pupazzetto, copertina ecc), perché non ne ha bisogno: lei ha sempre avuto la mamma. Ma questo, come sospettavo, non significava che aveva bisogno del seno 24 ore su 24. A 9 mesi ormai mangiava di tutto. Era più un problema di sicurezza, si sentiva al sicuro solo con me. Non per niente il famoso "Attaccamento sicuro" di Bowlby è la base di un sano rapporto tra madre e figlio. Consolante. Un pò amara come consolazione, ma...consolante.
Ma presto ha imparato che anche con la nonna non si sta male. Mia suocera è molto brava a farla giocare e ora si diverte come una pazza. 
Comunque ammetto che in quei duri due giorni di pianto le mie certezze hanno vacillato, mi sono chiesta se non fosse vero che soffriva così perché l’avevo assecondata dandole tutta la mamma che aveva sempre chiesto, senza cercare mai di allontanarla da me e forse questo ora poteva crearle maggiori difficoltà di separazione. Invece i tempi sono stati gli stessi di quelli di qualunque altro bambino. Ancora una volta ero felice di vedere che le mie scelte erano state sagge dopotutto, la bambina era comunque più sicura di se di quanto non sospettassi. Certo, basta che cambi il tempo o che un dentino faccia capolino sulla gengiva per metterla di pessimo umore, ma paradossalmente sono i giorni in cui benedico ancora di più il fatto di poter “staccare” per qualche ora, lasciandola alla nonna! Quando invece ci sono i giorni “di buona”, in cui è un angelo di collaborazione e buonumore…bhe, non la lascerei a nessuno al mondo e devo ammettere che ne sono un po’ gelosa.
Però sono felice che abbia la nonna invece di doverla portare al nido. La nonna, se si ha la fortuna di avere una suocera o una madre brave come le mie, è davvero il massimo secondo me perchè non lo fa per lavoro ma per puro piacere. Così Gaia rimane nel suo ambiente, a casa sua, e quando è stufa la nonna la porta al parco e là conosce altri bambini e se vuole interagisce con loro. Comunque mi rendo conto che non tutti hanno la possibilità (o la volontà) di affidare i bambini ai nonni, mi ritengo fortunata.